Ho preferito pazientare un po’ prima di scrivere di New York. Un po’ per gli impegni che la vita quotidiana non manca mai di offrire ed un po’ per capire quanto mi sia rimasto dentro. Da quando sono entrato a contatto con la provincia del sud degli Stati Uniti e con la gente di quei posti, questo grande e contraddittorio paese mi è entrato nel cuore stuzzicando sempre di più la mia curiosità.
Non ci possiamo far condizionare dai films che provengono da oltre oceano e non possiamo avere una idea monolitica dopo aver fatto uno o due viaggi. Gli Stati Uniti sono così eterogenei che non potrà mai esistere un unico assoluto aggettivo a descrivere quell’insieme di paesi.
Se al sud trovi un mondo, nel centro ne trovi un altro ed un’altro ancora è il mondo dell’ovest bagnato dall’Oceano Pacifico. Se esempi del genere sono validi per ogni località che visiti, ancor più veri diventano quando si parla di New York. La grande mela che non smette mai di catturarti nel profondo. Ti stupisce, ti prende e ti spaventa. Forse non è subito accogliente ma ti rimane dentro lasciandoti un sapore di piacevole insoddisfazione. Senti che ti sei perso qualcosa. Corri a confrontare la tua esperienza con quella dei tuoi amici. Cerchi di mostrare ai tuoi cari i ricordi e descrivi gli odori ed i sapori celando con troppa difficoltà, forse, un po’ di nostalgia.
New York è il riassunto del mondo moderno. La vetrina della sua arte, il contenitore della sua anima ma anche l’esempio più calzante dei suoi malesseri. Crocevia di culture e carovane proprio come accadeva un tempo nella vecchia Europa, New York ha ospitato e continua ad ospitare viaggiatori e gente in cerca di un futuro. Migranti ed artisti, bianchi, neri e gialli, ogni tipo umano è passato da quelle strade e continua a farlo.
Tutti dicono che una volta a New York, ogni luogo ti sembra familiare perché hai già visto tutto nei films. Forse, ma io ero troppo intento a cogliere i dettagli di una vita frenetica che scorre senza sosta ad ogni ora. Dicono anche che distingui uno straniero, a New York, da quanto tempo trascorre a guardare verso l’alto. Questo è senza dubbio vero. E’ quello che è successo a me. New York è un paradiso per uno street photographer ed ogni fotografia sembra la trasposizione in immagini di molte canzoni di Jovanotti. Mi sembrava di ascoltare ogni sua parola ad ogni scatto.
La mia esperienza newyorkese è stata molto poco turistica ed ho preferito spendere 12 ore al giorno in giro per le strade, in mezzo alla gente. Ho assaporato i momenti di calma dal Parco del Ponte di Brooklyn sostando per tre ore di fronte allo skyline e mi sono immerso nella frenesia dei lavoratori del distretto finanziario fin dal primo momento. Ho fatto un giro con il traghetto intorno a Lady Liberty e mi sono avvicinato ad Ellis Island dove purtroppo il museo dell’immigrazione era chiuso. Sono andato a Little Italy ed ho ammirato Manhattan dalla vetta del Rockfeller Center. Ho respirato le atmosfere “in construzione” del World Trade Center e non ho detto di no agli immancabili hot-dogs che ti tendono un agguato dietro ogni angolo. New York è tanto e tre giorni non sono sufficienti ma bastano per farti una idea e, sopratutto, darti lo stimolo per ritornare ed “approfondire la conoscenza”. Alla prossima occasione scriverò nel dettaglio degli alloggi, dei trasporti, degli scorci e del cibo (suonerà strano ma io… ho mangiato bene).