Se Philadelphia è stata una piacevole scoperta, New York è sempre stata la destinazione del mio viaggio negli Stati Uniti. Confesso che non ero mosso da una passione indefinita ma da semplice curiosità. Credo che almeno una volta nella vita si debba visitare la Grande Mela. Giusto per capire di che si sta parlando. Ci bombardano ogni giorno di immagini che provengono da quelle parti ed ogni giorno ci riempiono di nomi e località che fanno riferimento a Manhattan. Insomma, comprata la guida specifica, mi son messo a studiare i luoghi, i percorsi, i monumenti da visitare.
Non ho fatto niente di tutto quello che avevo in mente.
Arrivato alla Penn Station (si, ho preferito viaggiare con il treno… ma questo merita una chiacchierata a parte) mi sono trovato in un mondo metropolitano che solo in apparenza era familiare. Per uscire dallo stato di panico, generato in parte dalla stanchezza, ho preferito prendere un Taxi – costano poco, dicevano – di meno rispetto a qualcosa, senz’altro ma non poco. Credo sia stata la scelta più azzeccata. Non tanto per la sensazione di claustrofobia dovuta alla parete divisoria simile a quella delle auto delle forze dell’ordine, quanto per il panorama di cui ho goduto la vista. La Penn Station si trova proprio sotto il Madison Square Garden e da li, per arrivare fino a Sud di Brooklyn, devi attraversare tutta Manhattan, da ovest verso est e quindi a sud. Insomma, Mid Town, East Village, Lower Manhattan e poi, passando per il ponte di Manhattan, ti trovi a Brooklyn. Io alloggiavo vicino Prospect Park. Arrivato intorno alle 17.00 a casa, prendo le chiavi e scappo verso il Brooklyn Bridge Park. Avevo portato con me dall’Italia il cavalletto solo per quel momento. Dovevo aspettare il tramonto per fotografare lo Skyline.
Trovato posto sotto il famoso ponte, scattata qualche foto qua e la, studiate le varie connessioni, prendo il traghetto per andare sull’Isola di Manhattan. Era ancora presto, tutto sommato, ed una visita veloce alla famigerata borsa potevo anche farla. Ho passeggiato a lungo per Wall Street e per la parte Sud del distretto finanziario. Mi sono imbattuto nel famoso toro e letto i cartelli che illustravano il Canyon of Heroes, per poi tornare verso Dumbo (non chiedetemi cosa sia. Una zona forse del molo, un qualcosa di non ben precisato forse. Comunque era il luogo dove ho attraccato e dove sono rimasto a vedere la vista dello skyline). Da li, vedere le diverse colorazioni del cielo dovute al tramonto (e, ahimè non solo) è stato uno spettacolo mozzafiato. E’ sicuramente valsa la pena aspettare insieme ad altri italiani chiacchieroni… nonostante l’umidità).
Sulla via del ritorno, impaurito dalle leggende metropolitane sul cibo spazzatura, scelgo il luogo dove mangiare con molta cura e sono stato molto fortunato! Il primo posto che mi ha ispirato fiducia ha offerto una cucina raffinata e particolare. Non era un surrogato di chi sa quale cucina etnica (come potrebbe essere quella italiana da quelle parti) ma una reinterpretazione di cibi continentali in chiave gustosa. Una sorta di anatra in crosta di qualcosa con formaggio caprino e accompagnata da marmellata di fichi ha fatto bella mostra di se sul mio tavolo insieme ad un vino bianco acidulo ma non fastidioso (Vino locale). Mi trovavo da Henry’s End Restaurant su un vialone principale che porta ad una stazione della metro. Oltre al cibo ed al personale accogliente mi hanno colpito gli arredamenti e le finiture. Dicevano fossero le stesse fin dalla costruzione (a giudicare fine ‘800). Insomma, New York ed il suo Genius del Luogo mi hanno accolto molto bene e non potevo che andare a dormire soddisfatto.
L’indomani inizia la vera scoperta di New York. Per una scelta personale (criticabile, forse) ho deciso di non visitare musei che mi avrebbero preso molto tempo che di per se era poco. Ne avrei voluto visitare almeno due ma il non averlo fatto – diciamolo – è il pretesto per un secondo viaggio. Sempre per una scelta personale ho voluto dedicare il mio secondo giorno alla scoperta dei luoghi emotivi. Ellis Island, Statua della Libertà e Little Italy (che poi sposterò al giorno successivo). La prima emozione che ricordo di quel giorno è il costante pensiero alle folle di immigrati che sostavano in quarantena alle porte della città e poi andavano verso i quartieri degli immigrati. Un esempio tra tutti è Little Italy, ridotta a giusto un incrocio tra due o tre vie oppure Orchard Street che è divenuta una piacevole via con tanti locali dove poter bere una birra artigianale della zona o sostare per una mostra o una qualche altra rappresentazione artistica. Quello che un giorno era il punto di arrivo e poi di partenza per il sogno americano oggi è meta turistica e/o artistica il cui passato è solo un ricordo da non cancellare. Se mi è piaciuta l’aria che si respirava ad Orchard Street – forse per la compagnia di una amica di vecchia data – certamente non mi ha fatto lo stesso effetto Little Italy. Sembra più una estrema allegoria dell’Italia o dell’ambiente che gli italiani hanno creato. Mi è sembrato più di vedere quello che i turisti avrebbero voluto vedere, piuttosto che un reale spaccato. Da segnalare il museo degli immigrati italiani (chiuso in quel momento) ma dalle vetrate si vedeva quanto basta per incuriosire il passante.
Passeggiare per le vie degli immigrati, visitare Ellis Island al cospetto della Statua della Libertà, riflettere sulle condizioni dure che trovavano quanti erano alla ricerca di un nuovo sogno mi hanno fatto pensare tanto ai fenomeni che stiamo vivendo ora in Italia. Ma non è questo il luogo per certe considerazioni.
Il molo si trova vicino al distretto finanziario, famoso non solo per Wall Street ma anche per il World Trade Center. Oggi cantiere in continua evoluzione intorno ad un memoriale e dove una nuova e più alta torre è stata eretta. Non sono entrato – a dire il vero – sempre per quella scelta personale di tuffarmi dentro la città e vedere la gente scorrere, evitando la calca ed i turisti.
Quella sera – come ho già detto – ho incontrato una amica di vecchia data con cui sono stato a cena. Non solo ho visto il famoso locale dove Meg Ryan tra un sandwich ed un altro fingeva un orgasmo, ma ho sperimentato uno dei migliori ristoranti latini che abbia mai frequentato. Macondo, la Taperia Latina è stata l’ennesima riprova che anche negli Stati Uniti si può mangiare bene.
Ultima tappa degna di nota di questo tour newyorkese è la vetta del Rockfeller Center. Vale veramente la pena pagare il biglietto per andare fin su ad uno dei più alti grattacieli ed ammirare la vista. Anche li ho speso almeno tre ore ma assistere al tramonto con le luci che si accendono è uno spettacolo moderno terribile ed affascinante allo stesso tempo. L’Empire State Building svetta di fronte a te e la vista non è mai sufficiente per individuare dove le luci e le costruzioni finiscano. Se poi non ne hai avuto abbastanza ci si può dirigere verso Times Square. Illuminata a giorno da miriadi di luci che ti fanno ricordare (come se ne avessi bisogno) di trovarti a New York, il centro del nuovo mondo.